Io non so cos’è un “hipster”. So solo che
se penso a un hipster mi viene in mente il bianco. E’ tutto.
Non so neanche bene perché questo “social dance” è un
termine parimenti di moda e cosa c’entri con gli “hipster”.
E non so neanche bene la differenza tra retrò, vintage e revival, sempre che stabilire differenze sia ancora permesso.
So però che una sera ho incontrato in un posto che non avrei mai detto, tra persone che apprezzano il jazz, che ballano lo swing, che studiano il milanese, beh insomma in mezzo a questa storia moderna, ho incontrato il “Micio”, seduto in prima fila con delle signore amiche sue, proprio lui, che non mi aspettavo perché sapevo che non era stato bene, e che invece è uscito ed è andato a vedere questo famoso locale milanese e mi ha chiesto di ballare, a me...Paola, ciao Paola, a me che non l'ho riconosciuto, io che parlo tanto di cultura del ballo. Distratta da cosa? Nulla, ho dato troppo poco.
Trenta ore per la vita, Giancarlo Gatti (detto il Micio) e Lilli Cremonesi - Fotografia in Sala Venezia, credit Antonio di Canito |
C’è un mondo di trentenni e un mondo di ottantenni che si
rincorrono, l'uno caccia via l’altro, l'uno rincorre l’altro.
Dove? Nelle sale da ballo per esempio, nelle balere. Perché? Non lo so e non voglio saperlo, troppo complicato; sono tante le definizioni e mille sono i mondi estranei e che per lo più continuano a rimanere estranei nonostante questo "social vintage di tendenza".
So solo che anche se lo swing è diventato una “follia” collettiva,
se il passato è diventato una ossessione,
se
l’individualismo mette a dura prova il ballo sociale, anche se la cultura geme, tutto quello che vuoi, nonostante
tutto questo e di più, so solo che se si
balla fa meno male dappertutto. Quindi viva tutte le balere del mondo.
Arrosticini compresi.
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